Pubblichiamo la testimonianza di Eleonora Ferioli, volontaria che ha preso parte al campo di volontariato internazionale “Around the World (Opacz)” in Polonia la scorsa estate.
Il workcamp si è svolto ad Opacz, a circa venti chilometri da Varsavia, Polonia. Il compito principale era quello di intrattenere, aiutati da maestre, trenta bambini polacchi dai 6 ai 13 anni, dal lunedì al venerdì per due settimane. Il tema del campo era “Around the World”, ovvero un giro del mondo scoprendo le culture, le tradizioni, le curiosità di alcuni paesi.
Partenza da Malpensa, volo tranquillo, ed eccoci, io ed il secondo volontario italiano, all’aeroporto di Warsaw. Dei responsabili vengono a prenderci e da subito iniziano dei piacevoli dialoghi. Sistemiamo i bagagli nelle camere, visitiamo la casa, conosciamo gli altri 5 volontari e la responsabile Dominika, la quale ci propone un tour per Varsavia organizzato da un suo amico che si dimostra essere un’eccezionale guida.
Il giorno seguente inizia il campo: prima tappa del nostro giro per il mondo è proprio la Polonia. Dopo le presentazioni, ci imbattiamo nella lingua polacca. Fino a quel momento infatti, tra di noi volontari avevamo comunicato in inglese. Le maestre parlano con i bambini solo in polacco, così noi volontari siamo costretti a ridere, applaudire, fare silenzio e qualsiasi altra mossa con ritardo, imitando chi invece sa il polacco. Inizialmente sono rimasta abbastanza delusa dalla situazione, ero convinta che i bambini sapessero l’inglese. In realtà in breve tempo constato quanto la lingua non sia l’unico e principale mezzo attraverso cui comunicare: la curiosità dei bambini prevale sulle barriere linguistiche e subito riusciamo a comprenderci a vicenda; addirittura dei bambini cercano di insegnarci alcune parole polacche.
Una volta spiegate le varie regole da seguire durante il campo, un pullman ci porta a Varsavia dove visitiamo un museo interattivo per bambini e una parte del centro città. Il secondo giorno voliamo in Russia: grazie anche alla volontaria russa, possiamo scoprire nuovi aspetti delle tradizioni russe. Ci rechiamo poi a Varsavia in un ristorante russo e possiamo così degustare alcuni piatti tipici. Ogni giorno una meta nuova e un’interessante presentazione riguardo curiosità e informazioni principali dello stato visitato: abbiamo fatto tappa in Giappone e costruito dei ventagli di carta; siamo stati in Messico e, grazie a una maestra, ci siamo immersi nel magico mondo delle antiche fiabe messicane. Per concludere abbiamo ricevuto un saluto speciale da un amico messicano che ha registrato un video proprio per noi. È stata poi la volta del Portogallo presentato dalla volontaria portoghese e del laboratorio di collage; il giorno seguente Spagna presentata dai tre volontari spagnoli, poi Francia e nello stesso giorno ci siamo avventurati per il rope park e giocato in compagnia di simpatici istruttori a frisbee. Finalmente è arrivata la giornata dedicata all’Italia e, dopo una divertente nuotata nella piscina comunale, io e il mio amico volontario italiano abbiamo fatto scoprire ai bambini il nostro magnifico paese: abbiamo constatato che nutella, pizza e Pinocchio sono conosciuti pure in Polonia. La giornata si è conclusa con un laboratorio in un ristorante italiano: mani infarinate e via… abbiamo cucinato pizza e grissini. Il giorno seguente siamo volati in Irlanda ed infine di nuovo in Polonia dove alcune ragazze del posto ci hanno raccontato di alcune tradizioni tipiche e fatto costruite la nostra bambolina di stracci porta fortuna.
La giornata lavorativa iniziava alle 8.30 con l’accoglienza, poi si susseguivano varie attività organizzate a momenti di gioco nel parco e nel campo da basket, il tutto intervallato da una colazione a metà mattina e al pranzo. A fine giornata, ovvero circa verso le 15.30, noi volontari ci riunivamo insieme alle maestre per un summing up, domande, consigli, osservazioni e proposte per il giorno seguente.
Alloggiavamo in due edifici: nel primo si trovano due camere da letto, una per i volontari maschi e l’altra per le femmine, un bagno e una stanza con vari computer e una stampante. Nell’altro edificio c’è un bagno con la doccia e la lavatrice, la cucina e la sala da pranzo. Vari supermercati, un MC Donald, un campo d’atletica e la stazione sono facilmente raggiungibili a piedi dalla casa. Autonomamente dovevamo fare le pulizie, preparare la prima colazione e la cena con ingredienti scelti da noi, ma comunque forniti dal campo. Il tutto veniva svolto a turni e, sfruttando le varie provenienze dei volontari, abbiamo potuto assaggiare e conoscere le diverse culture culinarie. A malincuore abbiamo anche scoperto che in Spagna e in Portogallo si cucina la pasta carbonara con la panna e si condiscono gli spaghetti con la salsa rosa.
Gli organizzatori Dominika e il fratello Maciek (più o meno nostri coetanei) si sono rivelati fin da subito delle fantastiche persone: dal primo giorno si sono resi disponibili per qualsiasi cosa, compreso invitarci a casa loro per gustare un vero espresso (se siete amanti del caffè, vi consiglio vivamente di lasciare un angolino della vostra valigia per una caffettiera moka, nella cucina sfortunatamente c’è solo una caffettiera-caraffa a mo’ di film americani e facilmente si può dedurre quanto il caffè non fosse eccezionale). Grazie alla loro gentilezza e al loro forno, noi italiani abbiamo potuto far assaggiare ai volontari e alle maestre la sbriciolata, una torta di ricotta e cioccolato definita da alcuni divina. Dopo varie insistenze, ahimè, abbiamo ceduto e abbiamo dovuto svelare la segretissima ricetta. Scherzi a parte, siamo felici che altre persone in Europa potranno assaggiare la vera sbriciolata italiana e chissà, forse capiranno anche quanto la cucina italiana all’estero sia solo una brutta copia.
Grazie anche alla convivenza, tra noi volontari si sono creati dei legami d’amicizia speciali, non mancavano poi le serate pazze nella città dei grattacieli, ovvero Varsavia, ben collegata ad Opacz da un treno che passa con elevata frequenza e che in 20 minuti circa giunge a destinazione.
Un fine settimana abbiamo persino organizzato una gita a Cracovia e al campo di concentramento di Auschwitz. Cracovia si è rivelata un’interessante città, colma di storia e di turisti, facilmente visitabile anche grazie a dei free walking tour ritrovabili in tutti i principali luoghi di interesse. Riguardo al campo di concentramento, ritengo che questa sia un’esperienza assolutamente da fare, fa riflettere e lascia un segno.
Dopo tanti momenti speciali divenuti per me bellissimi ricordi, il campo è giunto a termine. La consegna del “diploma”, di una cornice con una foto di gruppo, gli abbracci, i pianti e la frase “ci vediamo l’anno prossimo” mi hanno davvero commossa. So con certezza che questi favolosi bambini mi mancheranno, così come tutto lo staff, Opacz, Varsavia e l’economicità polacca.
La sera prima della partenza Dominika ha voluto tirarci su il morale organizzando un barbecue nel suo giardino. Conclusasi la cena tra chiacchiere e risate, abbiamo voluto salutare per l’ultima volta Varsavia e i suoi locali notturni.
Il workcamp ad Opacz, il mio primo di sicuramente una serie, è stato una valida alternativa alle consuete vacanze, un’esperienza costruttiva, più che positiva e piena di sorprese. Ho apprezzato ogni singolo istante, ho imparato molto dai bambini, dagli altri volontari e da tutto lo staff. Sono davvero felice di aver trovato casualmente e partecipato a questo campo. Chiunque abbia voglia di mettersi in gioco, di ricevere e donare tanto affetto da diabolici ed adorabili bambini, di stringere nuove amicizie, di scoprire la Polonia, rivelatasi un grande paese…ma soprattutto di essere rincorso per tutto il giardino da una “schiera” di bambini che sfoderano un sorrisone ed urlano “Berek”, l’equivalente del nostro “ce l’hai”, beh, è giunto il momento di iscriversi al campo.