RaccontiamoSCI: l’energia di Emanuela Setti

 

 

Ciao Emanuela, vuoi presentarti e raccontarci come hai incontrato SCI?

Mi chiamo Emanuela Setti e sono una delle vecchie attiviste SCI, vecchia come età (45 anni!) e penso anche come anzianità di esperienza.  Sono arrivata allo SCI nel 2008 con il primo mini campo. Cercavo informazioni online su “campi di volontariato” e ho trovato il sito internet SCI. Avevo fatto altre esperienze di volontariato con altre associazioni e ne ero rimasta molto delusa, perciò non volevo più avere a che fare col volontariato, ma ho deciso di regalarmi un ultimo tentativo. Mi era rimasto in testa il desiderio di fare un campo…pensavo all’Africa in realtà… Ho scoperto che SCI è un’associazione molto generosa e cioè cerca di farti partire in tutti i modi, dopo che hai fatto la formazione e non cerca specifiche professionalità. E poi mi sono avvicinata a loro anche perché avevo visto questa formula “mini-campo”, forse era addirittura la prima volta che la sperimentavano. L’ho trovata molto intelligente perché, per chi non ha esperienza, può essere un assaggio utile. Abbiamo fatto un mini campo di tre giorni, a Bologna. Era al Lazzaretto, un Centro Sociale occupato. Ed è stato amore a prima vista. Per me SCI dovrebbe essere obbligatorio “per legge” nelle formazioni.

Io provenivo da una realtà “per benino” come quella di Treviso, in cui non esisteva niente di simile ad un centro sociale e io stessa per i miei percorsi personali non li avevo mai incontrati e vi sono andata molto scettica convinta che fosse una realtà da abbattere. È stata un’esperienza scioccante: mi sono calata in una realtà sia associativa che sociale per me nuova. Era una realtà di forte povertà, persone in condizioni abitativo- alimentare impensabili in Italia, non potevano comprarsi il latte per esempio.

E poi scoprire delle relazioni autentiche, mentre venivo da una realtà in cui conta il denaro, fatta di maschere e in cui sentivo che mancava qualcosa. Ho continuato a sostenere la struttura anche in seguito, e addirittura sono tornata diverse volte anche da sola, quando ero in vacanza.
Nel frattempo sono riuscita a partecipare anche ad un campo di volontariato di dieci giorni in Serbia, ma poi ho continuato con la formula mini campo che, per chi lavora è più facile, perché magari lavorando riesci a pagarti il viaggio, ma non hai tante ferie.

Mi dispiace, però, che sia una realtà così di nicchia. Ho provato a portarla anche in Veneto, ma le grandi obiezioni di solito sono: passi le vacanze lavorando? paghi per lavorare? Se uno non ha provato e non ha già lo spirito non può capire qual è il valore aggiunto.

 

Appunto Emanuela, qual è il valore aggiunto di SCI per te?

La condivisione e l’accoglienza che qualcuno ha nei tuoi confronti e che mi piacerebbe imparare. A volte io vado in forte chiusura di me stessa, una forma protettiva, ho già fatto dei passi e mi dico che arriverà il giorno che riuscirò a fare di più.
Ho trovato questo spirito di condivisione sia nei partner, sia negli ospiti delle realtà presso cui si svolgono i campi. Spesso sono situazioni di difficoltà, a volte fortissima difficoltà economica e si divide il cibo, il dormire. E poi con i volontari, ho trovato una fortissima apertura. Ti raccontano le loro vite. E lavorando insieme, facendo fatica insieme si condivide molto, si è anche banalmente “sporchi insieme”. Ho ancora la felpa che ho usato nel campo in Serbia anche se è tutta rotta ormai… In un campo SCI non conta il vestito come succede, invece, se ti bevi un aperitivo in centro.

 

 

E se tu dovessi scegliere l’esperienza più significativa che hai avuto…

L’esperienza più significativa è stata proprio il Lazzaretto, il primo mini campo… il primo amore. Penso sia stato vedere tanta diversità rispetto a me e vedere tanta difficoltà per vivere… E pensavo “ma ti sembra che in Italia ci siano delle persone che devono vivere così, con niente”. Si fa troppo poco. Il Centro sociale faceva attività aggregativa, ma a volte ospitava chi era in difficoltà, per emergenza.

 

Ma tu che cosa cercavi e cerchi veramente in questi campi di volontariato?

Gratuità. Certo partecipi a questi campi perché ti senti bene, ma questo è un egoismo positivo. È difficile trovare gratuità, nel senso che non ci sia tornaconto economico o morale, cioè come potere di gestione, ma da esperienze di questo tipo io scappo. Quando ci sono i soldi spesso si perde la gratuità. È vero che non si possono fare le cose senza soldi, è vero che se ci sono persone stipendiate, facendo i progetti bisogna ricavare anche lo stipendio, ma fin qui va bene. Il problema è quando entrano in ballo altri finanziamenti. E poi cercavo e cerco la verità nelle relazioni.
Tra le cose belle che ho trovato con SCI sono le relazioni autentiche, salde. Ho rivisto, ad esempio, alcuni mesi fa alcuni volontari, Matteo di Genova, Giulia di Torino, incontrati nei primi campi ed è come se fossimo stati sempre in contatto.

 

So che sei ancora attiva con SCI, in che modo in particolare ti interessa collaborare?

Continuo certamente a collaborare e sono particolarmente interessata ai mini campi. Come gruppo di volontari SCI del Veneto avevamo progettato per questa primavera 2020 varie attività: alcuni incontri informativi, un weekend di formazione e un mini campo, ma l’emergenza Covid ha fatto saltare tutti gli appuntamenti.
Con Ivo, il mio compagno, abbiamo iniziato a intravedere altre possibili collaborazioni per realizzare dei campi, con un paio di associazioni, di Treviso e di Vicenza, una che opera con ragazzi disabili mentali e l’altra che si occupa di ambiente. Appena ci sarà più possibilità di movimento con il gruppo SCI Veneto contiamo di poter realizzare qualche iniziativa seguendo le norme di sicurezza che verranno indicate.

 

Quali consigli vuoi dare a SCI, anche per questo periodo particolare?

In un periodo come questo non c’è la possibilità della parte “fisica” delle attività SCI che per me è stata molto formativa: dormire per terra, lavorare manualmente, incontrarsi di persona, condividere la vita quotidiana. Che cosa potrebbe fare in questo periodo così difficile, dato che anche prima non era molto conosciuto?

Se ci fossero gruppi locali di volontari SCI, potrebbero collaborare in azioni di solidarietà, per esempio della Croce Rossa, della Caritas…, ma questi volontari “fissi” sono pochi e non ci sono ovunque. In Lombardia c’è un bel gruppo, ci sono persone che lavorano molto e da anni. Nel Veneto siamo pochi e un po’ dispersi, ma ci siamo e si stanno profilando dei possibili partner come dicevo prima. SCI non ha né una struttura economica né una rete di volontari, a parte “La città dell’Utopia” a Roma, fa essenzialmente campi di volontariato collaborando con strutture esistenti, ed è questa la sua peculiarità. SCI deve continuare a fare ciò che è suo tipico. Ad esempio in questo periodo si potrebbero organizzare incontri di quartiere, ma servono gruppi locali di volontari. Quindi Sci dovrebbe fare tantissima promozione delle sue attività… e adesso parlando con te vedo che una direzione potrebbe essere proprio quella di rafforzare i gruppi locali.

E poi un’altra cosa. Non conosco quanti volontari partono con Sci e non so quanta gente sia coinvolta nei campi di Libera, WWF, Legambiente… Secondo la mia percezione mentre tutti conoscono Libera terra, SCI mi sembra conosciuta da pochi. Sarebbe interessante capire perché la gente partecipa con l’una o con l’altra delle varie associazioni: è perché si fa conoscere di più, perché si vede una finalità o c’è altro? Questa potrebbe essere un’analisi interessante da fare.

 

In effetti, sarebbe importante che SCI riuscisse a farsi conoscere di più. Quest’anno, a 100 anni dal primo campo di volontariato che ha dato origine a SCI, forse non è abbastanza conosciuto. Secondo te quali mezzi di comunicazione dovrebbe utilizzare SCI, in particolare ora in cui è limitata la possibilità di incontrarsi, di fare mini campi o formazione in presenza?

SCI ha il sito, Facebook, Instagram e la rivista “Centofiori”. Ma così per trovare SCI bisogna proprio andare in cerca, come ho fatto io, e non è semplice.
Sarebbe utile fargliela incontrare più facilmente e quindi penso sia utile rivolgersi alle scuole superiori, far avere loro delle riviste. Distribuire le riviste nei punti di aggregazione o frequentate dai giovani. Portarle alle biblioteche come facevo di solito con la mia biblioteca. Potrebbe essere interessante anche lasciarla ai book-crossing presenti in certi luoghi di ritrovo eco-solidali, negozi, bar, centri associativi la cui utenza potrebbe facilmente essere interessata ai campi di volontariato.

 

Descrivi SCI in poche parole

Condivisione, lavorare insieme, capire cosa vuol dire veramente stare assieme.

 

Vuoi aggiungere qualcosa?

Sì…Quindi “Più SCI per tutti”! Grazie per questa re-immersione in SCI tra passato, presente e futuro

Grazie a te Emanuela e a presto nei prossimi mini-campo del Veneto!