L’articolo è stato scritto da Sara Dari, coordinatrice del campo Calcata Art & Green, che si è tenuto nell’antico borgo di Calcata, nel Lazio, dal 5 al 19 settembre 2016.
Sono passati quasi tre mesi dalla conclusione del campo di volontariato Calcata Art & Green ma le emozioni e tutto ciò che si è costruito prima e durante il campo è un qualcosa che per certi versi sento la responsabilità di dover raccontare oltre che la grande voglia di farlo. A volte trovare le parole per descrivere un processo non è facile, riportare su carta un’esperienza di condivisione e crescita, portare alla comprensione della stessa è davvero molto difficile. Ho deciso di provarci.
Come tutto ebbe inizio
Calcata è un piccolo Borgo medioevale situato nel bacino del fiume Treja sopra una rocca tufacea. Gli abitanti originari vivono in quella che ora chiamano Calcata Nuova, poco distante. Nel Borgo medioevale vivono persone e artisti provenienti da tutto il mondo che hanno scelto Calcata come nuova dimora.
Il gruppo informale Calcata da vivere è composto da persone che abitano il Borgo antico, il cui scopo è promuovere socialità e partecipazione. Inoltre il gruppo vuole contribuire alla crescita culturale e civile dell’intera comunità.
Così il campo nasce proponendosi come obbiettivo quello di far incontrare le diverse realtà che popolano l’antico borgo, promuovendone la partecipazione e lavorando, insieme, alla risistemazione di alcune aree del Parco e alla pulizia di luoghi archeologici.
Mi sono avvicinata allo SCI ad ottobre dello scorso anno iniziando il mio percorso collaborando con la branca spagnola SCI-Madrid nell’ambito del volontariato locale per poi continuare il progetto all’interno de La Città dell’Utopia. Perché vi racconto questo? Perché il campo a Calcata nasce appunto dalla relazione tra la realtà locale de La Città dell’Utopia e attivisti del borgo facenti parte del gruppo informale Calcata da vivere.
La vita nel borgo
Gli abitanti del borgo antico hanno accolto l’iniziativa in modo molto positivo prima ancora che il campo cominciasse, tanto che uno di loro, Felix, ha prestato la sua disponibilità nell’accogliere i volontari in uno stabile da lui gestito. Fin dal primo giorno si respirava entusiasmo e condivisione, i volontari internazionali sono arrivati incuriositi e avevano molta voglia di conoscere il misterioso borgo di Calcata. Alcuni di loro avevano letto degli articoli di giornale che ne parlavano, altri erano rimasti colpiti dalla descrizione e dalle foto del luogo. Ciò che mi sembrava li accomunasse era la ricerca di qualcosa.
Fin dal primo momento ci siamo sentiti accolti dalla comunità, all’arrivo dei volontari i membri del gruppo Calcata da Vivere hanno organizzato un tour all’interno del borgo in cui ci hanno presentato gli artisti che a loro volta ci hanno mostrato le loro botteghe. Ci sono stati mostrati i luoghi utilizzati per la socialità e introdotta la storia di Calcata spostandoci da una rupe all’altra.
Durante il corso delle due settimane siamo stati coinvolti dagli abitanti a partecipare alla vita di comunità. Siamo stati invitati a prendere il tè nelle botteghe degli artisti, i quali ci hanno illustrato le loro opere e con cui abbiamo condivisi racconti di vita. Siamo stati invitati a La Sala dei 201 Tè dove abbiamo condiviso racconti del campo.
Molto interessante è stata la visita alla Grotta Sonora all’interno della quale siamo stati accolti da Madhava e Margherita. Dopo la visita e la spiegazione del progetto di cui fanno parte abbiamo provato i numerosi strumenti musicali fatti a mano presenti nella grotta. Successivamente ci siamo seduti in cerchio e, dopo aver suonato e cantato insieme, abbiamo iniziato un momento di condivisione su quelle che erano le nostre aspettative sia del campo che della vita in generale. Inoltre abbiamo trattato il tema della musica come elemento che contribuisce a creare un dialogo, oltrepassando le barriere linguistiche.
Abbiamo partecipato ad un laboratorio su come fare la pizza tenuto da Simone ed ospitati da Federica e dal Forno la Mattra del borgo. Cenato e ballato in piazza con i il gruppo Calcata da vivere e altri abitanti del borgo. Partecipato alle attività che offriva il centro culturale il Granarone, all’interno del quale spesso ci siamo riuniti per trascorrere momenti di musica (nel centro culturale ci sono strumenti musicali a disposizione) e socialità; i membri dell’associazione hanno accolto in modo positivo il campo, collaborando alle diverse attività.
Siamo stati invitati ad un compleanno in una grotta dove abbiamo conosciuto alcuni musicisti del borgo, suonato e cantato insieme al chiaro di luna. Con il passare dei giorni abbiamo iniziato a sentirci a casa, dopo cena spesso si saliva in piazza e, con un pallone o altri giochi, si condividevano le ultime ore di luce e le prime della notte insieme agli abitanti di Calcata.
Alcuni attivisti locali, tra cui Federica e Cristina, oltre a partecipare a molte delle attività, hanno svolto un ruolo molto importante nella facilitazione delle relazioni tra gli abitanti del borgo ed i volontari.
Uno degli ultimi giorni del campo ho organizzato con la collaborazione degli abitanti del Borgo e uno dei volontari (Michael) una caccia al tesoro che prevedeva diversi momenti di interazione e gioco con la comunità. Oltre ad essere stato divertente, abbiamo ripercorso attraverso il gioco tematiche trattate nel corso del campo.
Il lavoro nel Parco
L’Ente Parco Valle del Treja ha sostenuto fin dall’inizio la realizzazione del campo di volontariato.Durante le due settimane del campo abbiamo svolto con il personale di vigilanza e dell’ufficio naturalistico del Parco opere di manutenzione lungo i sentieri e nelle zone archeologiche dell’area protetta, ripulito dall’immondizia, estirpando erbe infestanti sui monumenti, impregnato strutture di legno, canalizzando acque, intervenendo sulla rete sentieristica dell’area protetta con azioni di messa in sicurezza e di rifacimento segnaletica.
Le attività si sono svolte di solito dalla mattina fino al primo pomeriggio. Vedevo i volontari appassionarsi sempre di più ai lavori manuali all’interno del parco e a stretto contatto con la natura, ognuno partecipava a seconda di quelle che erano le sue potenzialità e la relazione con i membri dell’Ente Parco è stata davvero positiva.
I volontari giorni dopo giorno imparavano i nomi italiani dell’attrezzatura da lavoro e si appassionavano alla storia del territorio che ci veniva raccontata prima dell’inizio di ogni intervento. Archeologia, storia e natura andavano di pari passo, si scavava nel terreno ma anche nella storia locale e piano piano veniva fuori il contesto in cui il borgo di Calcata si era sviluppato.
I momenti di socialità, interazione e scambio sono stati davvero numerosi durante le ore di lavoro, tanto da portare Marcello (coordinatore delle attività svoltesi durante il campo nella Valle del Treja) ad organizzare una partita di calcio a Mazzano Romano tra i volontari internazionali ed alcuni membri dell’Ente Parco.
Inoltre, l’ultimo giorno del campo, è stata organizzata dall’Ente Parco una giornata di ringraziamento e restituzione delle attività portate a termine durante le due settimane, sono state proiettate delle foto e un video che uno dei volontari, Denis, ha realizzato.
Abbracci, risate, lacrime e tanta gioia hanno accompagnato la mattinata in cui ha partecipato anche il gruppo Calcata da vivere ed alcuni abitanti del borgo. Come ringraziamento siamo stati invitati a pranzo dall’Ente Parco in una trattoria locale.
Il gruppo dei volontari internazionali
La coesione del gruppo è stata un elemento chiave per la buona riuscita delle attività e delle relazioni con il contesto locale. I partecipanti provenivano da Polonia, Afghanistan, Mali, Serbia, Germania, Repubblica Ceca, Russia, Austria. Attraverso le varie dinamiche di gruppo si è cercato di favorire la partecipazione attiva di tutti i membri, la discussione delle decisioni da prendere e favorire dinamiche propositive. Si è ricorso a momenti di valutazione e assemblee.
Le differenze culturali sono state fonte di arricchimento reciproco e le difficoltà linguistiche sono state superate dall’utilizzo di codici e linguaggi propri del gruppo, una forma di comunicazione che andasse oltre il semplice parlare inglese, venivano utilizzate parole inesistenti ma che i componenti del gruppo associavano ad una specifica azione o situazione.
Se già i presupposti sembravano ottimi fin da subito, dalla seconda settimana è andata davvero oltre le aspettative: si respirava familiarità e ogni membro era portatore della propria individualità come ricchezza. Molto importante, a mio avviso, è stata la condivisione di un’escursione notturna in una zona della valle del Treja: tante stelle, lo stare intorno al fuoco, il giocare, il raccontarsi. L’entusiasmo e la voglia di partecipare e contribuire in qualche modo al progetto, sia presente che futuro, della comunità ha favorito processi di interazione e partecipazione con e degli abitanti del borgo.
I volontari provenivano da contesti socio-culturali molto diversi tra loro ma ciò che li accomunava/ci accomunava era il mettersi in gioco, prendere in mano una pala o una zappa per la prima volta, parlare di archeologia per la prima volta, suonare e cantare in un’altra lingua per la prima volta.
Art&Green: verso un percorso condiviso
Durante il tempo libero siamo stati invitati a visitare il Museo Civico Archeologico-Virtuale di Narce a Mazzano Romano, all’interno del quale il Direttore ha fornito una spiegazione storica del territorio ed una spiegazione dei reperti archeologici presenti all’interno del museo. Abbiamo anche visitato l’Opera Bosco Museo di Arte nella Natura, un itinerario di arte contemporanea all’aperto su due ettari di bosco nella forra della Valle del Treja. Le opere d’arte in questo Museo nascono dal materiale naturale del bosco, sono realizzate con tecniche naturalistiche e vivono in simbiosi con l’ambiente che le fa materia. Un sistema integrato quindi fra opere d’arte e natura, dove bosco, natura e opere interagiscono formando un’unica grande opera complessiva.
Anne ci ha fatto da guida, alcuni ragazzi avevo portato degli strumenti musicali, e così passo dopo passo abbiamo scoperto un altro volto della componente artistica che gravita intorno al borgo. Perciò Arte e Natura, Art & Green, sono due binari che non possono non incrociarsi in una realtà come quella di Calcata. Rompere delle barriere, pensare obbiettivi comuni. La relazione tra le varie realtà del territorio, infatti, è stata fondamentale, ognuno ha dato qualcosa affinché il campo potesse riuscire, si è cercato di comunicare, di capire e di capirsi, di provare a conoscersi e a camminare insieme. Una delle problematiche principali in cui spesso la comunità del borgo incorre e che spesso, purtroppo, non riesce a superare.
Una giornata di volontariato con l’Ente Parco è stata dedicata alla pulizia di un antico fontanile all’interno del borgo. E’ stato bello vedere come gli abitanti siano usciti ad abbiamo lavorato al fianco di volontari internazionali e membri dell’Ente Parco, contribuito con quella che era la loro forza fisica, supporto o anche semplicemente offrendo un caffè.
Durante la study part del campo si è affrontata la tematica dell’arte come elemento caratterizzante gli abitanti che hanno ripopolato il Borgo dagli anni ’70. Trattando e confrontandosi in un secondo momento sulla tematica dell’arte come elemento che può unire e contribuire a creare comunità, favorendo una prospettiva interculturale.
E’ stato molto interessante soprattutto perché si è conclusa con un momento di dibattito e proposte in cui hanno partecipato persone del borgo. Si è riflettuto soprattutto su tre punti:
- come a Calcata l’arte contribuisce a creare comunità e come quest’ultima può essere in generale un elemento per favorire l’interazione, lo scambio e l’inclusione e come, altre volte, invece, ostacola gli stessi processi;
- possibilità e proposte per incrementare il senso di comunità, solidarietà, rispetto reciproco e stimolare forme di cittadinanza attiva all’interno de borgo;
- riflessioni partendo dal proprio contesto di provenienza.
Oltre il Borgo: da un campo di volontariato alla cittadinanza attiva
L’esperienza e la possibilità di coordinare questo campo è stata a dir poco arricchente, mettere entusiasmo in un progetto in cui si crede e ricevere lo stesso dagli altri. Vedere che tutti gli sforzi sono stati ricompensati da sorrisi ed emozioni, abbracci e lacrime che risuonano come un’eco a distanza di mesi. Il campo ha aperto molte porte all’interno del Borgo (storicamente famoso per avere soltanto una porta di entrata/uscita), porte che rappresentano relazioni con l’esterno e porte interne che conducono alla sperimentazione di forme di cittadinanza attiva ed inclusione sociale. Ma le porte non si sono aperte soltanto all’interno del borgo ma anche tra i partecipanti… molti di loro a posteriori mi hanno riferito che la partecipazione al campo gli ha permesso di comprendere meglio una parte di loro stessi, mettersi in discussione e capire magari in che modo avrebbero potuto attivarsi nella loro realtà locale, qualcuno mi ha detto che il campo “gli ha aperto gli occhi” su quelle che sono le proprie capacità e potenzialità. C’è chi sta scrivendo un blog, chi un articolo e chi sta componendo una canzone.
Dal mio punto di vista e per concludere vorrei sottolineare l’importanza dei processi di scambio nelle pratiche inerenti la socialità, del dialogo e del mettersi in discussione e la speranza che questo cammino, nonostante le difficoltà future, continui in direzione di pratiche di responsabilizzazione e cittadinanza attiva sia dentro che fuori il Borgo.