Marco ha 33 anni, suona il basso elettrico e lavora come educatore per minori stranieri non accompagnati a Bologna. Nel 2024 ha partecipato al campo di volontariato “Maki e Tateya” in Giappone. Scopri la storia straordinaria di Marco, dalle strade di Bologna ai sentieri delle Alpi Giapponesi.
L’intento del campo era coinvolgere persone con problemi mentali o semplicemente desiderose di una vita all’area aperta, nel portare avanti agricoltura e allevamento in maniera sostenibile, facendo parte di una comunità con cui condividere le proprie giornate.
Questo è il secondo campo a cui ho partecipato e ho deciso di candidarmi perché ho molto apprezzato, durante la mia prima esperienza, la possibilità di conoscere una nuova realtà e i suoi abitanti in maniera autentica e profonda, molto diversa da quanto si potrebbe cogliere con un semplice viaggio di tipo turistico.
Durante il campo, ho percepito la gratificazione di far parte di una comunità che si sostiene reciprocamente, in cui la fatica del lavoro diventa gioia di condivisione e profondo significato di vita. Ho imparato diversi aspetti delle altre culture con cui mi sono confrontato ed è stata una soddisfazione potermi cimentare con lavori che non avevo mai affrontato e con strumenti e tecniche agricole che erano la normalità per le generazioni passate, ma con cui oggi è raro potersi mettere alla prova.
Quello che mi piaceva tanto erano le relazioni umane che si creano, le esperienze di cucina condivisa e la cultura del lavoro in relazione con la terra e la natura. Il contesto del villaggio dove siamo stati ospitati inoltre, con le sue case giapponesi di inizio ‘900 e raggiungibile solo con un sentiero di montagna, ha reso tutta l’esperienza ancora più unica.
La prima sfida è stata raggiungere il punto di ritrovo nel nord del Giappone, dopo il mio arrivo a Tokyo, considerando il poco tempo a disposizione. Fortunatamente i trasporti hanno funzionato alla perfezione e ho trovato facilmente diverse persone a cui chiedere informazioni. Durante il campo ogni tanto la fatica fisica si è fatta sentire, ma il condividerla all’interno della comunità è stato decisivo nel renderla a tratti persino piacevole. Infine, a causa della rottura di un tubo, non sempre avevamo a disposizione l’acqua calda, ma abbiamo sempre trovato il modo di rimediare, per esempio utilizzando il braciere all’interno della casa.
Ho apprezzato molto i momenti dei pasti condivisi e le proposte in cucina fatte da tutti i volontari a turno. Poi ci sono stati vari momenti memorabili: cito per esempio l’inerpicarsi su per la montagna per raccogliere l’erba che sarebbe servita per i tetti di paglia, oppure un’escursione lungo il fiume per provare a pescare. Un’altra giornata speciale è stata quella dedicata a un’escursione verso una delle vette delle Alpi Giapponesi, durante il nostro giorno libero.
È stata un’esperienza che mi ha insegnato molto e ha saputo trasmettere tanto valore. In effetti sto già pensando ad un possibile prossimo viaggio.
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