Dal Tevere al Tigri: giovani in movimento per uguaglianza e dialogo Europeo

A giugno, a Roma, ho partecipato e co-facilitato Digital Equality, uno scambio giovanile Erasmus+ coordinato da SCI Italia e supportato dall’Agenzia Italia per la Giuventù che ha coinvolto più di 20 giovani partecipanti arrivati da Spagna, Italia,Portogallo e Turchia, incentrato sull’uso dei social media come strumenti di sensibilizzazione e advocacy per l’uguaglianza di genere e i diritti della comunità LGBTQI+.

Durante l’attività abbiamo affrontato temi fondamentali come la decolonizzazione del genere, l’internazionalità, la Jineolojî (la scienza delle donne da una prospettiva curda) e la memoria collettiva LGBTQI+. Lo abbiamo fatto attraverso metodologie di educazione non formale e utilizzando lo storytelling come strumento di empowerment, capace di trasformare esperienze individuali in consapevolezza collettiva. Grazie alla collaborazione con organizzazioni e collettivi locali, abbiamo potuto riflettere anche sulle sfide e sulle discriminazioni che le comunità LGBTQI+ e le persone marginalizzate affrontano ancora oggi nei nostri paesi.

Tra i partecipanti c’erano giovani curdi, che hanno condiviso le loro esperienze e il contesto culturale da cui provengono. Ascoltarli è stato illuminante perché ha permesso di avvicinarci a una realtà fino a quel momento distante e di comprendere meglio le lotte quotidiane per autonomia, autodeterminazione e visibilità del popolo curdo. Questo percorso ha creato un ponte naturale verso Diyarbakır, considerata dai suoi abitanti il cuore della Mesopotamia, e città che in ottobre ha ospitato Gender in Motion: un nuovo progetto internazionale dedicato alla creazione di campagne digitali sui temi di genere e sulla lotta contro stereotipi e discriminazioni.

L’associazione curda con sede a Diyarbakır, “Youth and Change”, con cui collaboriamo da oltre dieci anni nella realizzazione di progetti Erasmus+, campi di volontariato internazionali e iniziative di educazione non formale ed educazione alla pace, ci ha permesso di avvicinarsi davvero alla realtà vissuta dal popolo curdo. Una realtà fatta di resistenza quotidiana, di comunità che si sostengono a vicenda e di persone che chiedono semplicemente il riconoscimento della propria identità, della propria cultura e dei propri diritti.

Gender in Motion non c’è stata una semplice continuazione di Digital Equality, ma un nuovo progetto autonomo che ha portato un gruppo completamente nuovo di giovani attivisti europei, provenienti da Spagna, Italia, Lettonia e Portogallo, a viaggiare fisicamente verso la fonte di quelle storie, atterrando a Diyarbakır (Amed in curdo), per toccare con mano cosa significhi fare attivismo in un’area dove la questione curda resta aperta e delicata.

Diyarbakır: una città di resistenza, attivismo e innovazione sociale

Diyarbakır, definita da molti come capitale del territorio curdo della Turchia, è una città in cui le tematiche di genere, la partecipazione civica e le politiche comunitarie svolgono un ruolo centrale. Per molti dei partecipanti è stato un viaggio formativo molto intenso, che ha permesso di osservare da vicino le dinamiche sociali di un contesto multiculturale, segnato però da limitazioni e difficoltà legate alla situazione politica locale.

In questa regione, la popolazione curda vive condizioni sociali e politiche complesse, che incidono sulla vita quotidiana, sulla partecipazione pubblica e sulle possibilità di espressione culturale. Le donne, in particolare, spesso si trovano a fronteggiare sfide multiple, legate sia alle strutture sociali tradizionali sia al clima politico e istituzionale. È in risposta a questa doppia morsa che è nata la Jineolojî, la “scienza delle donne”. Ben lontana dall’essere un vezzo accademico, la Jineolojî è uno strumento di autodifesa intellettuale, una prassi rivoluzionaria che mira a riscrivere la storia, la sociologia e l’economia fuori dai canoni del dominio maschile e statale.

Questa visione radicale ha trovato la sua applicazione più audace e pericolosa nelle istituzioni locali attraverso il sistema della “Co-Presidenza”, Eşbaşkanlık. che vede l’imposizione di della condivisione di ogni singola carica decisionale, dal sindaco al capo di quartiere, tra  un uomo e una donna con pari autorità e potere di firma. Si tratta di una sfida frontale al potere monolitico maschile e alla struttura centralista dello Stato.

Inoltre, numerosi sindacati locali e organizzazioni femminili operano a livello territoriale per dare voce alle esigenze delle donne, sia nelle aree urbane che rurali. Queste realtà lavorano in collaborazione con le istituzioni, monitorando l’impatto delle politiche pubbliche, sostenendo progetti di empowerment e promuovendo spazi partecipativi inclusivi, dove le comunità possono discutere bisogni concreti e trovare soluzioni condivise.

Uguaglianza di genere e comunicazione digitale

Durante il progetto Gender in Motion abbiamo approfondito il tema dell’uguaglianza di genere attraverso una prospettiva interculturale e intersezionale. Abbiamo analizzato media e social media per individuare stereotipi, bias e forme di discriminazione, trasformando queste riflessioni in vere e proprie campagne digitali.

Post social, video, infografiche e podcast possono diventare strumenti efficaci di sensibilizzazione, educazione e advocacy. Creare contenuti significa dare spazio a storie e voci spesso trascurate, contribuendo a costruire nuove narrazioni capaci di modificare percezioni e comportamenti. Saper usare questi strumenti in modo critico e consapevole permette di trasformare creatività e competenze digitali in azioni concrete a favore di uguaglianza, giustizia e solidarietà.

Scopri le campagne social media create durante il progetto a questo link.

Perché sostenere queste lotte è fondamentale

Essere presenti a Diyarbakır mi ha fatto capire quanto sia importante non limitare la nostra attenzione a ciò che accade vicino a noi. Esistono persone che lottano ogni giorno per diritti fondamentali, dignità e visibilità, spesso in silenzio e tra mille difficoltà. Sostenere queste lotte non è un atto di solidarietà concreta, un modo per testimoniare che giustizia, rispetto e riconoscimento non sono negoziabili.

Essere presenti a Diyarbakır mi ha permesso di comprendere quanto sia importante un approccio europeo all’educazione alla cittadinanza globale. Esistono giovani e comunità che lavorano ogni giorno per la tutela dei diritti, per la dignità e per il riconoscimento della propria identità culturale e sociale.
Sostenere questi percorsi significa rafforzare il dialogo interculturale, la cooperazione internazionale e le competenze di cittadinanza attiva, al centro della missione Erasmus+. I partecipanti non hanno trovato solo contenuti teorici, ma testimonianze concrete e un contatto diretto con chi opera quotidianamente sul territorio. Hanno visto come le competenze digitali possano diventare strumenti utili alla promozione dei diritti e al contrasto della disinformazione, e come la collaborazione internazionale possa generare impatto reale e duraturo.

Uno sguardo che non può più tornare indietro

Dal Tevere al Tigri: due fiumi lontani, eppure capaci di toccarsi attraverso l’esperienza di un viaggio, di uno scambio giovanile. Il primo segna il ritorno a Roma, il secondo ha accompagnato un percorso attraverso un territorio che continua a chiedere ascolto. Due terre diverse, due fiumi che hanno generato civiltà, due storie distinte che si incontrano nelle esperienze di chi li attraversa.

E mentre torno con la mente alle strade di Diyarbakır, ripenso alle donne che guidano le proprie comunità, ai giovani che chiedono soltanto di essere ascoltati, agli anziani che tramandano storie in curdo, alle organizzazioni non profit che oggi lavorano fianco a fianco con le istituzioni locali. Mi accorgo che ciò che ho visto e imparato lì è un invito chiaro a non distogliere mai lo sguardo. Sostenere chi rivendica riconoscimento, rispetto e dignità non è solo un gesto etico: è il fondamento necessario per costruire un futuro più giusto e condiviso per tutte e tutti.

Queste esperienze non finiscono quando i workshop chiudono o i voli decollano. Continuano ogni volta che raccontiamo una storia, sosteniamo chi non ha voce e ci prendiamo il tempo di ascoltare e comprendere. Ogni passo, ogni campagna, ogni dialogo è un piccolo mattoncino per costruire un mondo più giusto e inclusivo.

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