Marco Neri è un volontario avventuroso che lo scorso anno ha partecipato a un campo di volontariato a Bali, in Indonesia, con il Servizio Civile Internazionale. In questo blog condivide la sua esperienza.
Mi chiamo Marco, toscano di Siena, ho un’età ragguardevole (oltre i sessanta), pensionato, proveniente da una vita, diciamo così, un po’ avventurosa.
Mi sono accostato al volontariato da oltre un quarto di secolo. All’inizio svolgendo compiti di assistenza ordinaria presso alcune Associazioni cittadine, poi a lungo come Soccorritore di Emergenza presso il 118 della mia città.
Ho quindi maturato la consapevolezza di quanto bisogno ci sia in giro di solidarietà. E di come il bisogno di qualcuno si possa configurare quasi, e senza quasi, come un diritto, mentre la disponibilità che qualcun altro può permettersi diventi quasi un dovere. Morale e civico, se non altro.
Chiaro che a un certo punto abbia sentito l’esigenza di fare un “salto di qualità” e mi sono avvicinato al Volontariato in aree più “impegnative”. Come per l’appunto i campi organizzati dal Servizio Civile Internazionale, in particolare quelli nel Sud del mondo.
La mia prima esperienza in merito si svolse, ormai diversi anni fa, in Senegal. Dove potei finalmente aprire gli occhi sulla realtà dell’Africa, e, indirettamente, sulla vita delle persone al di fuori dell’Occidente nel quale avevo avuto la ventura di nascere, crescere e viaggiare.
Inoltre, ero da sempre interessato all’Africa e SCI mi dava la possibilità di conoscerne degli aspetti che possono facilmente sfuggire a chi la visita attraverso i villaggi turistici, i rally o le gite organizzate.
Bene. Da allora posso affermare che andare per campi di lavoro è un modo di viaggiare eccellente. Particolarmente per i contatti umani, sia con altri volontari sia con le popolazioni locali. Un modo di viaggiare che apre delle belle porte anche dentro noi stessi e che, non esagero, può cambiare il tuo modo di approcciare la vita anche una volta tornato a casa.
L’ultimo campo, in ordine di tempo, a cui ho partecipato si è svolto a Bali.
Ho “incontrato” questa possibilità durante una delle mie periodiche visite al sito SCI. Mi ha incuriosito la sede del campo (Bali è conosciuta come “l’Isola degli Dei” o “l’Isola dei Fiori”. E mi ha attratto anche il lavoro che mi si prospettava: il recupero, la manutenzione e la promozione di una biblioteca proprio ai margini di una foresta che, non c’è bisogno di dirlo, è una delle più belle ed evocative del mondo.
Non sono rimasto certo deluso da questa esperienza, come del resto dalle altre che ho messo a referto con il SCI.
Il campo aveva luogo in un magnifico giardino, pieno di fiori e di farfalle, con alcune costruzioni nel tipico stile locale che ospitava la biblioteca, gli alloggi ed altri spazi funzionali alla nostra attività.
Attività che ha consistito nel recupero vero e proprio di libri (restauro e rilegatura), nella loro classificazione, nella disposizione più razionale possibile all’interno della biblioteca stessa. E poi, ed è stata questa la parte più emozionante, nella promozione della struttura presso i villaggi circostanti. Promozione che è avvenuta in giro per le scuole ma anche ospitando scolaresche nei nostri ambienti, riguardante l’importanza dei libri e delle storie in essi contenute per la formazione e la crescita delle persone.
Ho avuto la fortuna, ma non è una novità, di avere dei compagni di viaggio di straordinaria qualità umana. Io italiano, Tinkara slovena, Sani giavanese, Belinda taiwanese e Sharon, australiana. Li ho voluti nominare perché, se mi leggeranno, sappiano che non li dimentico e li saluto tutti con affetto. Insieme abbiamo cucinato, lavorato, preparato il nostro materiale didattico, partecipato a feste, escursioni e gite. Ciascuno di noi, nel nostro piccolo, ha saputo superare le barriere linguistiche (il mio inglese è un po’ scarso), culturali e nazionali. Abbiamo trovato le radici comuni che ci hanno portato a Bali e riportato a casa ricordi e consapevolezze comuni.
Il verbo chiave di ogni campo di lavoro volontario è “condividere“. E noi, lo dico con orgoglio, abbiamo saputo davvero condividere. Condividere il tempo, il lavoro, le esperienze di vita, le emozioni, le aspettative, per scoprire una volta di più che l’umanità è fatta di persone le quali possono convivere, e convivere bene, ben oltre le differenze apparenti, soprattutto senza distinzione di colore di pelle, di religione, di nazionalità, di cultura.
Con la popolazione locale, giustamente conosciuta per essere gentile ed ospitale, il rapporto è stato splendido. Certo, essendo fuori dai circuiti turistici più frequentati, abbiamo suscitato curiosità. E ci siamo lasciati incuriosire dalla realtà che abbiamo trovato.
Abbiamo scoperto che Bali è molto diversa da una cartolina turistica. Che c’è tanta povertà, inquinamento, sovrappopolazione. E che milioni di persone sono obbligate a vivere realtà difficili per noi europei, tutto sommato abbastanza “viziati”.
Ma anche la serenità dei villaggi, nei quali ogni giorno la gente depone sui marciapiedi piccole offerte, fiori, frutti, biscotti, per gli dei della casa, la solennità dei templi, l’armonia e anche l’allegria delle danze tradizionali. I warung che offrono cibi esotici e quasi sempre buonissimi lungo ogni strada. Le scimmiette che ogni mattina aspettano sulla tua finestra il tuo piccolo dono: una banana, un pezzetto di pane, una fettina di mango.
E soprattutto che si può scambiarci idee ed esperienze per arricchirci a vicenda, che siamo tutti abitanti di un intero ed unico pianeta, che abbiamo tutti le stesse radici. Che siamo molto più uguali di quanto differenze superficiali ci dicono essere.
Partecipare a un campo di lavoro è sempre un’esperienza entusiasmante. E’ un trovare amici in ogni parte del mondo. E’ uno spargere semi, molti dei quali cadranno sui sassi o nel mare ma alcuni dei quali germoglieranno e produrranno piante e semi ulteriori.
Grazie SCI, per darci questa possibilità.
Ragazzi, non vedo l’ora di partire per il prossimo campo. Nonostante ancora non abbia nemmeno idea del “dove e come”!
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