Paola Attolino ha 58 anni, è docente universitario e nell’agosto 2025 ha partecipato al campo “Remembering Nazi crimes in times of current socio-political challenges – The Commemorative Buchenwald Railway Path” a Buchenwald, vicino a Weimar. Il progetto combinava attività pratiche e momenti di studio per commemorare le vittime dell’ex campo di concentramento e riflettere su tematiche storico-sociali di grande attualità.
Ho scelto di partecipare perché i temi trattati mi sembravano molto interessanti e l’organizzazione prometteva un’alternanza equilibrata tra lavoro pratico, studio e ricerca. Non era la mia prima esperienza di volontariato, ma era la prima di questo tipo; in passato avevo fatto attività a livello locale.
Il lavoro pratico consisteva nella manutenzione del sentiero commemorativo di Buchenwald: taglio dell’erba, rimozione di foglie secche dai canali di scolo, restauro di oggetti ritrovati e incisione e colorazione dei nomi dei ragazzi deportati e morti su pietra. Le attività di studio includevano ricerche d’archivio sulle storie personali di queste vittime, seminari, workshop, visite a musei tematici e momenti di discussione.
L’organizzazione che ci ha accolto è stata impeccabile. Mi sono subito sentita a mio agio, come in famiglia, e non ho mai avvertito alcun disagio dovuto alla differenza di età rispetto agli altri partecipanti. Mi ha sorpreso molto il clima familiare che si è creato e l’efficienza di tutta la gestione del campo. Non avrei mai immaginato che Buchenwald fosse anche un luogo così bello, in cui è difficile credere siano avvenuti eventi tanto terribili.
Le attività che mi hanno coinvolto di più sono state il restauro degli oggetti e il lavoro di incisione e colorazione dei nomi dei ragazzi deportati: un gesto concreto per mantenere viva la loro memoria.
L’interculturalità l’ho sperimentata soprattutto durante la preparazione dei pasti, curata dai Kitchen Teams composti da volontari di diverse nazionalità. Molto belli sono stati anche i momenti di gioco serale, che hanno favorito scambi spontanei e legami tra persone di background diversi.
Ho imparato a mettermi in gioco, a uscire dalla mia comfort zone e a fare qualcosa per me stessa e per gli altri. Ciò che mi è piaciuto di più nella modalità del campo è stato l’equilibrio tra lavoro pratico, studio, momenti ricreativi e lo spirito di gruppo che si è creato, senza trascurare l’accoglienza e l’alloggio confortevole.
Ritengo che questo tipo di esperienza contribuisca alla costruzione della pace: riflettere su quanto accaduto in passato e comprenderne la portata, vivere la comunità del campo e sentirsi parte di un progetto significativo rappresentano un piccolo ma concreto contributo alla pace “dal basso”, nella vita quotidiana.
Mi sarei aspettata forse una maggiore connessione tra i temi storici del passato e le questioni drammatiche che stiamo vivendo oggi.
Vuoi partire anche tu per un’esperienza che cambia la vita? Scopri le opportunità aperte cliccando qui.