Maria Catena Mancuso è co-autrice e co-speaker assieme a Nadeesha Uyangoda e Nathasha Fernando di Sulla Razza, un podcast che vuole tradurre in italiano parole e concetti provenienti dalla cultura angloamericana che girano attorno alla nozione di “razza” e lo fa assieme ai punti di vista degli italiani non-bianchi. Assieme a Nathasha Fernando ha anche scritto e condotto S/Confini, un podcast su migrazione e identità.
Maria ha partecipato insieme a noi a uno degli eventi finali del progetto “Chapter – Challenging propaganda through remembrance” lo scorso autunno a Roma intitolato “Genere e Minoranze – La strumentalizzazione di vecchie e nuove destre sui corpi di donne e migranti”. In questo incontro si sono affrontati diversi argomenti come il femonazionalismo e le pratiche di resistenza femminista e antirazzista, insieme a Marie Moïse (attivista e dottoranda in filosofia politica) e una rappresentante della Casa delle Donne capitolina Lucha y Siesta.
Attraverso questa intervista, Maria Catena Mancuso ci avvicina alla sua visione del femminismo parlandoci di come antifascismo e femminismo secondo lei si intersecano, alcune delle sfide che il femminismo oggi si trova ad affrontare e cosa si potrebbe fare per superarle.
Il legame tra antifascismo e femminismo
“C’è sicuramente del terreno in comune tra i due, ad esempio il fatto che entrambi lottino per mettere fine a un’ideologia patriarcale. Però, se nel caso del femminismo la lotta contro il patriarcato è aperta ed è l’obiettivo finale, mi sembra che per quanto riguarda l’antifascismo questo sia un fatto secondario, cioè l’antifascismo non mette necessariamente in dubbio l’autorità patriarcale nella società, non vuole mettere fine al fascismo in quanto espressione di un’ideologia sessista. E quindi, di conseguenza, un antifascista può benissimo non essere femminista. Noi donne sappiamo bene che anche in quegli ambienti che dovrebbero essere protetti, antifascisti, di sinistra non sempre le nostre istanze vengono ascoltate e ci si aspetta che comunque i leader siano maschi e che le donne rimangano un passo indietro. Diciamo che la nostra società è intrisa di patriarcato e perciò tutti gli ambienti, anche quelli antifascisti, possono esserne influenzati”.
L’esistenza del femonazionalismo
Tra le altre cose, Maria ci parla del femonazionalismo, argomento discusso durante l’evento finale di Chapter.
“Quando parlo di leader non intendo dire che basti avere un leader donna perché di colpo quell’ambiente diventi femminista. Non è così, anche le donne possono essere sessite. E oggi in Italia le donne a ricoprire più ruoli nelle istituzioni e nei partiti politici sono di destra e non sono di certo femministe, come nel caso di Casellati, presidente del Senato, o Meloni, a capo di Fratelli d’Italia. E proprio le destre nazionaliste europee, come spiega Sara Farris nel suo libro Femonazionalismo, usano la rivendicazione dell’uguaglianza di genere per portare avanti politiche islamofobe e razziste, quindi sfruttano e sfigurano le istanze femministe. E in nome dei diritti delle donne opprimono altre persone”.
Nell’episodio sul Femminismo intersezionale di Sulla Razza, le speaker parlano della posizione delle donne migranti e italiane di minoranza etnica nei movimenti femministi e del lavoro di cura. Durante l’intervista siamo spesso tornate su questo argomento:
“Questo è un argomento molto caldo oggi. Ne ho parlato con cinque persone legate all’attivismo e alla divulgazione su tematiche razziali, di identità e di genere come approfondimento a quella puntata in’intervista corale su Vice. Durante l’intervista, Leila Belhadj Mohamed diceva che secondo lei oggi siamo di fronte ad un femminismo mainstream che è fortemente bianco e borghese e che non fa largo alle istanze di tutt.
E infatti nel discorso femminista mainstream, quello più riformista, la centralità è sulla parità di genere, intesa come pari potere sociale ed economico, qualcosa che come racconta bell hooks è una richiesta delle donne privilegiate bianche di classe media. Il femminismo inteso come movimento che vuole mettere fine all’oppressione sessista non si può fermare alla parità di genere o alla parità salariale. Le femministe borghesi hanno fatto della parità salariale la loro lotta principale quando in realtà non tutt possono o vogliono fare carriera.”
Aggiunge che soprattutto molte donne vengono sfruttate proprio da altre donne che si considerano femministe. E cita come esempio il lavoro di cura. Molte donne dedite alla carriera e che si considerano femministe impiegano donne razializzate a cui viene delegato quel tipo di lavoro. Queste donne non hanno il diritto di essere esonerate dalla cura perché si trovano in una posizione subordinata nella nostra società, vengono marginalizzate.
“Il femminismo deve lottare per la liberazione di tutt e quindi deve essere intersezionale e deve anche andare oltre al genere, deve essere trans-femminista.”
(Per approfondire questa puntata, c’è una sua intervista che si può leggere su Vice Italy).
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Le sfide interne ed esterne nel femminismo
Sono tante le sfide esterne che il femminismo si trova ad affrontare, abbiamo parlato del femonazionalismo, vale a dire del razzismo in nome delle donne, ma c’è anche la cooptazione da parte dei brand che finisce per annacquare questioni che sono invece, secondo Maria, fortemente politiche, trasformative e rivoluzionarie.
“Il femminismo radicale vuole mettere in discussione l’intero sistema, mentre i brand ti dicono che basta comprarsi la maglietta con su scritto Sono una femminista per cambiare la situazione. Il capitalismo è molto bravo a cooptare le lotte, non lo fa solo con il femminismo. Ad esempio, nel caso dell’ambientalismo, è quello che ti dice se compri la borraccia in metallo salvi il Pianeta.”
Altre sfide esterne che commenta Maria sono il fatto che vengano messe in discussione delle vittorie che ormai si consideravano conquistate come quella del diritto all’aborto e dei diritti riproduttivi : “vediamo che si stanno facendo passi indietro su questo” e sulla violenza contro le donne : “la violenza domestica è molto presente, anzi, negli ultimi anni con la pandemia i femminicidi sono aumentati”.
Ma insiste: “Quelle più importanti secondo me sono le sfide interne”
Porta come esempio il bisogno di parlare con gli uomini, e fare in modo che il femminismo non sia più visto come un movimento contro di loro: è una delle lezioni di bell hooks in Il femminismo è per tutt. Il patriarcato spoglia anche gli uomini di certi diritti e impone loro un’identità basata sul dominio, ma anche un uomo può sostenere la lotta femminista.
“E poi è importante che le donne privilegiate che hanno i mezzi economici per divorziare, per andarsene di casa, per essere indipendenti economicamente dal proprio compagno, che nella vita possono avere un piano B, C e D riconoscano il loro privilegio rispetto a quelle donne che sono sfruttate, sottopagate, che sono madri single, casalinghe, che non hanno necessariamente delle reti che possono proteggerle dalla violenza domestica e fanno più fatica ad uscirne.”
Cosa si può fare per contrastare le sfide di oggi
“Partendo ancora dalle idee di bell hooks, si potrebbero riprendere con più forza i concetti di sorellanza e di radicalità perché sono concetti che possono fare molto. Continuare a interrogarsi, fare autocritica, mettersi in discussione e come dicevamo prima ripensare insieme agli uomini a una mascolinità non basata sul sessismo. E non fermarsi alla parità di genere ma cambiare radicalmente la società perché il patriarcato non si cambia con più donne al potere, con un salario migliore per alcune classi o per alcune tipologie di lavori.”
Suggerisce infine di arrivare alle aree interne e rurali.
“Bisogna andare oltre il Milano- e Roma-centrismo, a volte sembra che le cose possano essere cambiate o decise solo nelle grandi città. E se è vero che in ampie zone d’Italia i centri sociali sono rari, dobbiamo trovare il modo per creare collettivi femministi e sezioni di Non Una di Meno anche lì.”
Puoi trovare il suo lavoro nel podcast Sulla Razza e guardare il replay dell’evento finale di Chapter disponibile su Youtube.