
Ogni anno, il 10 dicembre, la Giornata Mondiale per i Diritti Umani invita a fermarsi un momento e tornare all’essenza di ciò che rende possibile una società giusta: il rispetto della dignità di ogni persona. Non è una ricorrenza formale, né una celebrazione retorica. È un promemoria globale che ricorda quanto il cammino verso l’uguaglianza e la libertà sia ancora fragile, diseguale, in molti casi incompleto.
La data coincide con l’adozione della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nel 1948, un documento che ha tracciato una rivoluzione silenziosa: affermare che ogni individuo, ovunque nel mondo, ha diritti inalienabili, indipendenti da nazionalità, genere, religione, orientamento, condizione economica o sociale. A più di settant’anni di distanza, leggere quella Dichiarazione significa riconoscere quanto quei principi restino attuali, soprattutto in un contesto mondiale segnato da conflitti, discriminazioni, precarietà e spazi civici ridotti.

Per una realtà come SCI Italia, che da oltre un secolo opera attraverso il volontariato internazionale per costruire una cultura di pace, questa giornata ha un valore duplice. Da un lato rappresenta il fondamento etico delle nostre azioni quotidiane: promuovere inclusione, responsabilizzare le comunità, creare occasioni di incontro tra persone che arrivano da contesti molto diversi. Dall’altro lato invita a guardare con lucidità alle sfide del presente: le migrazioni forzate, l’aumento dei discorsi d’odio, le diseguaglianze sociali che si radicano, l’impatto delle crisi ambientali sui diritti fondamentali.

Raccontare la Giornata Mondiale per i Diritti Umani significa anche raccontare perché il volontariato resta uno degli strumenti più preziosi per renderli concreti. Ogni progetto di volontariato, ogni progetto locale, ogni percorso formativo di SCI Italia rappresenta un piccolo laboratorio di diritti umani: uno spazio in cui l’ascolto, la cooperazione e la responsabilità condivisa diventano pratiche reali, non valori astratti. Difendere i diritti umani non richiede soltanto grandi dichiarazioni; richiede partecipazione, presenza, impegno quotidiano.
In un’epoca in cui la polarizzazione cresce e le narrazioni semplicistiche rischiano di sostituire il dialogo, tornare ai diritti umani significa anche rimettere al centro ciò che unisce. Significa ricordare che la pace non è solo assenza di guerra, ma possibilità di vivere con dignità, sicurezza e libertà. Significa riconoscere che i diritti di una persona non limitano quelli degli altri, ma li rafforzano.

Celebrare questa giornata significa anche non distogliere lo sguardo da chi oggi vive la negazione sistematica dei propri diritti fondamentali.
In diversi contesti nel mondo, come ad esempio in Palestina e in Sudan, milioni di persone affrontano violenze, sfollamenti forzati, limitazioni alla libertà di movimento e difficoltà nell’accesso a servizi essenziali come istruzione, cure e sicurezza. In Sudan, il conflitto ha costretto milioni di persone alla fuga, aggravando fame, malnutrizione e violazioni dei diritti civili. La sofferenza è enorme, ma altrettanto forte è la resilienza delle comunità che continuano a sostenersi reciprocamente.
Questi due casi sono solo esempi: la negazione dei diritti umani avviene in molti altri luoghi e forme. Richiamare queste situazioni significa ricordare che i diritti umani non sono garantiti ovunque e che il nostro impegno, come cittadini e come volontari, può davvero fare la differenza.