Creando legami che vanno oltre differenze e nazionalità attraverso il gioco – Così è andato il campo a Shatila (Libano)

Si è da poco conclusa la settimana della memoria del massacro di Sabra e Shatila, un atto di genocidio in cui vennero uccisi/e circa 3000 civili palestinesi. Quest’estate si è realizzato un campo di volontariato presso l’associazione Unlimited Youth, con l’obiettivo, attraverso lo sport e il volontariato, di creare legami che vanno oltre differenze e nazionalità, perché ogni momento di gioco ha bisogno di collaborazione con gli altri, per ottenere anche il più piccolo risultato. Davide Presciuttini, uno dei partecipanti dall’Italia durante il campo, ci racconta la sua esperienza:

 

Quest’estate ho passato due settimane presso l’associazione Basket Beats Borders a Shatila, presso il campo profughi palestinese di Beirut. Il campo di Shatila è nato nel 1949, a seguito della Nakba, “catastrofe”, l’esodo della popolazione palesintese dovuto  al conflitto arabo israeliano del 1948 e alla fondazione dello stato di Israele; se inizialmente hanno trovato rifugio nel campo circa 3.000 persone, in fuga dalla violenza delle forze armate israeliane, nel corso degli anni il campo ha assunto i connotati e le caratteristiche di un insediamento permanente, un vero e proprio quartiere con edifici di diversi piani ammassati gli uni accanto agli altri. Inoltre, dopo lo scoppio della guerra civile in Siria nel 2011, inoltre, sono giunti molti profughi siriani, che attualmente rappresentano un’importante percentuale degli abitanti di Shatila.

È importante sottolineare che i palestinesi non godono degli stessi diritti dei cittadini libanesi: poiché il Libano non ha mai aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951, non riconosce ai palestinesi (né ai siriani) lo status di rifugiato. Perciò, a distanza di oltre 70 anni dal loro arrivo nel Paese dei cedri, i palestinesi sono ancora trattati come estranei e, non avendo la possibilità di fare ritorno alla loro terra, vivono intrappolati in un limbo: ad esempio non hanno accesso a molte professioni né possono possedere proprietà. 

Infine, impossibile non ricordare il massacro di Sabra e Shatila del 1982, durante il quale migliaia di civili palestinesi  furono uccisi/e dai miliziani delle Falangi Libanesi con il supporto dell’esercito israeliano.

L’associazione Basket Beats Borders nasce per creare socialità, autostima e emancipazione famminile tramite lo sport, in un contesto difficile come quello del campo profughi: inizialmente soltanto con il basket per le ragazze, ma nel corso degli anni il numero dei partecipanti è andato crescendo, e si sono organizzate altre discipline e ad attività, anche per bambini e ragazzi maschi.

 

Durante il campo di volontariato ho insegnato inglese a bambini e bambine di mattina e alle volte di pomeriggio. Insieme a un altro volontario sono stato ospitato presso l’associazione, di cui il nostro referente principale ne era il fondatore e coach. Abbiamo passato la maggior parte del tempo con lui, ci ha portato in giro per Shatila spiegandone dinamiche e difficoltà, e gli altri componenti della sua famiglia ci hanno accolto calorosamente nella loro casa. Abbiamo avuto modo di parlare di svariati argomenti e sentire le loro opinioni. Ho poi giocato a basket nelle partite informali che si tenevano due volte a settimana con le giocatrici e  simpatizzanti dell’associazione.

È stata una bella esperienza, in quanto ho avuto modo di vivere, dall’interno, la vita di Shatila e mi sono potuto immergere nella variegata rete umana che ruota attorno all’associazione. È stato anche estremamente positivo potermi interfacciare e collaborare con l’altro volontario con cui c’è stato un confronto continuo rispetto a come potevamo contribuire per il progetto e sulle varie situazioni che ci si sono presentate durante il volontariato.

 

– Davide Presciuttini