Milano, 8 ottobre 2025
“Sono contento di essere qui stasera perché è il momento per i palestinesi di prendere parola” dice Mohamad Zwhara, regista del documentario. “È importante che le persone conoscano la storia raccontata da noi, col nostro punto di vista, come palestinesi, giornalisti e attivisti” conclude prendendo posto sul palco al Centro Internazionale di Quartiere a Corvetto.
Mohamad Zwhara è un giovane palestinese nato ad Al’ Masara, uno dei 9 villaggi intorno a Betlemme, in Cisgiordania. L’8 ottobre è venuto a Milano, insieme a Oday Al-shobaki amico e aiuto regista, per presentare, per la prima volta in Italia, il suo documentario “On my land” sulla storia della sua famiglia e del suo villaggio dal 1948 ad oggi.
Raccogliendo interviste, video vecchi e nuovi, documenti e materiali di varie epoche è riuscito a costruire un documento storico di particolare importanza, che racconta la storia della sua famiglia, dei movimenti non violenti contro l’occupazione in Cisgiordania, dell’attivismo e della resilienza dei palestinesi nel richiedere il riconoscimento del proprio diritto ad esistere come popolo e ad avere una terra.
Sostenuto dal Servizio Civile Internazionale, Mohamad ha fondato la Sumud Platform – La voce della terra e delle persone (https://sumudplatform.com/), un sito sul quale carica regolarmente le storie delle persone che resistono, in modo non violento, all’occupazione in West Bank. “Mi sono accorto – racconta Mohamed – che presentando il documentario in varie città d’Europa, molti non hanno idea di cosa succeda in West Bank, soprattutto dopo il 7 ottobre, quando giustamente tutti si sono focalizzati su Gaza”.
Mohamad aggiunge però che è stufo di venir dipinto come una vittima dell’occupazione dai media internazionali, per questo ha sentito l’esigenza di creare una piattaforma dove poter raccogliere e dar voce direttamente ai palestinesi, mostrando pezzi di vita quotidiana. “Lo scopo non è chiedere aiuto, ma liberare la mente dall’occupazione condividendo la nostra voce con il resto del mondo, perché la mia storia è simile a quella di molte altre persone che sento di poter rappresentare”.
Connettersi con il mondo e sentire che non si è soli a resistere è fondamentale per moltissimi palestinesi. Oday, sollecitato dalle domande del pubblico, racconta come le manifestazioni dei giorni scorsi che hanno attraversato l’Europa, ed in particolare l’Italia, siano state fondamentali. “Noi vediamo le proteste, le bandiere della Palestina che sventolano ovunque, lo vediamo sui social, in TV. Siamo molto fieri e contenti che alle persone qui importi della nostra storia e condividano la nostra voce”.
Poi, rivolgendosi a tutti presenti afferma convinto: “Tutti questi sforzi magari non cambieranno le cose oggi, ma aiuteranno i palestinesi ad essere liberi domani. Dimostrare che ci tenete, che ci teniamo alle persone uccise per colpa delle guerre è importante, perché questo sentimento è quello che ci fa sperare che a queste guerre ci sarà una fine”.
Mohamad e Oday, dopo la proiezione del documentario sono tornati a lavorare sul campo in Cisgiordania, aspettando ore per attraversa i checkpoint che sbarrano la strada di casa.
Oggi il documentario è tradotto in inglese, francese, spagnolo e italiano grazie al supporto dei volontari del Servizio Civile Internazionale e nuove proiezioni sono in programma per portare avanti l’impegno di diffondere la voce e le storie dei palestinesi.
Giulia Trigali
L’iniziativa è stata organizzata dal Servizio Civile Internazionale (SCI Italia) – Gruppo Lombardia, in collaborazione con “No More War Collective”, con l’obiettivo di stimolare riflessione e dibattito attraverso il linguaggio del cinema. L’iniziativa è sostenuta dal Consiglio d’Europa attraverso l’European Youth Foundation.