Capricchia, luogo di resilienza e dignità – Testimonianza di Elisa

Elisa con gli altri partecipanti nel bosco.

Mi chiamo Elisa, ho 24 anni e al momento sto studiando all’università. Quest’estate, nella seconda metà di agosto, ho partecipato ad un campo di volontariato a Capricchia, una frazione di Amatrice, nel centro Italia, a un paio di ore da Roma. Questo progetto è parte di un’iniziativa più ampia volta al supporto della comunità locale, che è stata colpita dal terremoto nell’Agosto 2016 e Gennaio 2017. 

L’associazione che ci ha accolto è stata la Pro Loco di Capricchia, che è un punto di riferimento importante per la comunità su diversi fronti. Promuove molti eventi ed è attiva nel sostenere la comunità nella sua rinascita sociale ed economica dopo gli eventi sismici. Fanno parte della Pro Loco sia persone residenti a Capricchia, sia persone e famiglie che abitano a Roma, ma da anni o addirittura dall’infanzia frequentano questo luogo e sono quindi rimaste legate alla terra. La Pro Loco è stata fondamentale nel momento di emergenza e ha accolto nella propria struttura, che poi si è ampliata, la popolazione che ha vissuto le conseguenze del terremoto. 

La mia scelta di partecipare a questo campo è stata motivata dal desiderio di conoscere meglio realtà e bisogni del mio Paese, per cercare di conoscerle meglio e mettermi a disposizione nel rispetto delle mie possibilità. Prima di partire ho partecipato alla formazione che ha fatto lo SCI a Bologna a Giugno e ho avuto modo di apprendere meglio come funziona il mondo della cooperazione internazionale. In questa occasione mi è stato presentato il progetto di Capricchia da uno dei due formatori. Volevo restare in Europa e, pur considerando anche un campo in Danimarca, ho preferito avvicinarmi ad una realtà italiana e il progetto a Capricchia era un’opportunità importante per poter entrare in contatto con una comunità di cui avevo solo sentito parlare e che aveva dovuto affrontare e sta ancora affrontando sfide significative. 

Oltre a ciò, desideravo avere uno scambio culturale, e il gruppo di volontari con cui ho lavorato era variegato. Eravamo io e un altro ragazzo italiano, due ragazze dalla Russia, una ragazza spagnola e un’altra  dal Laos, ma che studia in Polonia. Questo mix culturale ha arricchito la nostra esperienza, permettendoci di confrontarci e imparare gli uni dagli altri, ampliando i nostri orizzonti. Eravamo tutti coetanei più o meno, con età dai 20 ai 29 anni. 

All’arrivo a Capricchia sono stata subito accolta dal coordinatore del campo, Giacomo, che era arrivato qualche ora prima di noi, e Roberto, il presidente della Pro Loco, con sua moglie Silvia. Il campo è durato una decina di giorni e durante questo tempo abbiamo dormito un po’ in tenda (erano già presenti, non abbiamo dovute portarle) e un po’ nelle casette del villaggio, che è un posto a Capricchia dove sono state costruite casette in legno, all’interno delle quali ci sono letti in cui dormire. La cucina e i bagni sono in condivisione.  

All’interno del nostro gruppo di volontari è rapidamente emerso un bel gruppo, con il desiderio comune di condividere e conoscere culture diverse. Questo desiderio era presente anche da parte della comunità di Capricchia, che era interessata anche a conoscere le nostre storie e ha voluto organizzare una cena internazionale, in cui ognuno di noi ha cucinato un piatto tipico del proprio Paese di provenienza. 

Il nostro programma di lavoro non era rigido, ci adattavamo alle esigenze del giorno. Ci sono stati giorni in cui non abbiamo lavorato molto e abbiamo avuto molto tempo libero, durante il quale ci siamo riposati o siamo andati a camminare in montagna sul massiccio montuoso dei Monti della Laga, mentre in altre occasioni eravamo impegnati per gran parte della giornata, principalmente nelle giornate in cui la sera c’erano delle feste del paese organizzate e quindi era necessario cucinare per tante persone. Tra le varie attività ci siamo dedicati alla manutenzione di alcune strutture, trattando il legno per proteggerlo dalla pioggia, evitando quindi che si rovinasse in caso di brutto tempo, e cucinando in occasione delle feste locali. Abbiamo anche ripulito una fontana e un sentiero sulla montagna in vista di una festività che ci sarebbe stata a Settembre. Le feste o gli eventi che la Pro Loco organizza sono momenti di grande partecipazione da parte della comunità. L’ultimo giorno del nostro campo c’è stata una festa e, oltre al cibo locale, ci sono stati canti popolari, che ricordo con molto piacere e divertimento. Queste feste sono momenti di condivisione, in cui tutti eravamo coinvolti nella preparazione dei piatti tipici e nelle attività locali. Vedere la gioia e l’unione della comunità durante queste celebrazioni mi ha fatto capire l’importanza di eventi come questi, che permettono di costruire e nutrire legami e di rafforzare il senso di appartenenza alla terra.

Anche se il terremoto è avvenuto nel 2016, ho notato che le ferite erano ancora fresche nella memoria delle persone. Carmen, la compagna di Roberto (un altro Roberto, non il presidente), residente a Capricchia, ma che al momento del terremoto era residente ad Amatrice, mi ha confidato la sua paura di tornare a vivere in una casa di cemento, una paura che sottolinea il trauma ancora presente nella comunità. Alcune persone hanno scelto di rimanere, altre invece di lasciare il territorio, e quindi la conca amatriciana vive un problema di spopolamento. 

Nonostante i dolori del passato e le sfide del presente, ho percepito un forte senso di comunità tra gli abitanti, che vivono insieme ancora in condizioni transitorie da dopo il terremoto, condividendo spazi e risorse. 

Il giorno dopo che siamo arrivati era l’anniversario di ricordo del terremoto (24 Agosto 2016). Durante questo giorno è lutto per la popolazione del luogo e abbiamo accolto il bisogno di raccoglimento delle persone. Durante il nostro soggiorno, abbiamo avuto anche l’opportunità di andare ad Amatrice, che si trova a qualche km da Capricchia, dove abbiamo potuto vedere da vicino le conseguenze del terremoto e comprendere un pochino meglio la situazione attuale. Nonostante gli anni passati la sensazione di immobilità nella ricostruzione è palpabile. Ciò che mi ha colpito sono state la dignità e la resilienza delle persone che abbiamo incontrato. Anche in un contesto difficile, c’era una grande voglia di raccontarsi. La comunità ha anche espresso il proprio disappunto riguardo all’aiuto ricevuto dalla Protezione Civile e dallo Stato, descrivendo come, in diverse occasioni, le istituzioni siano state più di intralcio che di aiuto. La comunità di Capricchia ha espresso che sono le popolazioni locali a conoscere meglio di chiunque altro le esigenze del posto e hanno espresso gratitudine verso gli aiuti ricevuti da privati e singole persone che, mettendosi direttamente in contatto con la popolazione colpita, hanno fornito il loro supporto da tutta Italia portando beni di prima necessità e offrendo i propri servizi gratuitamente. Questo mi ha fatto molto riflettere su come sia importante relazionarsi con le persone direttamente interessate per potere dare un aiuto mirato e concreto, altrimenti si finisce per essere solo di fastidio. 

In conclusione, la mia esperienza a Capricchia è stata non solo un’opportunità per mettermi a disposizione, ma anche per imparare e riflettere. Ho compreso che anche nelle nostre comunità nazionali ci sono esigenze e storie di resilienza che meritano attenzione. Ho lasciato Capricchia con il cuore pieno di gratitudine, speranza concreta e una nuova energia, consapevole di aver vissuto un momento significativo e trasformativo della mia vita. 

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