Thailandia, campo di volontariato nell’isola di Koh Yao Yai. Il racconto di Gaia

L’articolo è stato scritto da Gaia Garau, che nell’estate del 2016 ha partecipato a un campo SCI in Thailandia. Il progetto prevedeva l’insegnamento dell’inglese in una scuola elementare nell’isola di Koh Yao Yai. Questo il racconto della sua esperienza.

La luce dell’alba filtra tra le foglie degli alberi ed entra dalla finestra. La musica che viene diffusa dai megafoni della scuola, invade la piccola infermeria adibita  a dormitorio.  Io e Moon apriamo gli occhi avvolte nelle nostre zanzariere. Iniziamo così ogni giornata nel nostro campo.

Mi servono pochi attimi per ricordarmi che qualche mese prima, dopo le giornate di formazione con lo SCI Sardegna, ho deciso di partire come volontaria.

Moon è arrivata da Taiwan ed è con me dal primo giorno, da quando il nostro gruppo di volontari provenienti da ogni parte del mondo, è stato suddiviso in tutte le scuole primarie dell’Isola di Koh Yao Yai. Due mondi diversi uniti dal comune entusiasmo di essere due maestre di inglese in Thailandia. Con Moon ho condiviso la mancanza di una doccia calda, la mia fobia per gli insetti giganti, le serate dentro l’aula professori a sviscerare le differenze fra i nostri due Paesi, fra i valori della cultura asiatica e quella europea.

Esco dalla stanza e percorro il vialetto che mi separa dall’aula professori. Gli studenti stanno già arrivando e mi salutano sorridenti, inchinandosi con rispetto. Mi sembra così buffo perché loro sono in divisa e io ancora in pigiama. Sophia, la maestra di inglese che ci ha accolte nella sua scuola mi porta riso e zucchero di canna per colazione. Colpa mia che il giorno prima avevo provato a chiedere qualcosa di dolce.

Le giornate scorrono tra l’insegnamento e le passeggiate in spiaggia nel tempo libero. Dopo la scuola alcuni dei bambini tornano da noi. Ridono come matti, mentre cercano di insegnarmi la corretta pronuncia delle parole in Thai.

Il tempo è scandito dagli orari della scuola e della preghiera. A Koh Yao Yai vive una comunità di fede islamica. La prima volta che vedo i bambini pregare nella moschea della scuola rifletto su quanto sia triste essere spaventati da ciò che non si conosce. Mentre sono lì è in corso la polemica tutta europea sul Burkini. Cerco di spiegarne le ragioni a Sophia che non ne capisce il senso. Non la biasimo e mentre mi tuffo in mare vestita e gioco con i miei bambini penso che non mi sono mai sentita più libera di così.

Nelle due settimane in Thailandia apprendo il vero significato della parola “condivisione” e imparo migliaia di cose dai bambini, dagli insegnanti, dai volontari. Allo stesso modo cerco di trasmettere quello che posso agli altri.

Le ore trascorrono lente eppure le due settimane volano. Mi lasciano dentro un mondo che non potrò mai dimenticare. L’ultimo giorno di scuola gli altri insegnanti mi chiedono di fare un discorso davanti a tutti gli studenti della scuola. In preda all’emozione la cosa più importante che riesco a dire è: ”Viaggiate, viaggiate attraverso il mondo e sentitevi liberi di essere voi stessi. Apprendete ciò che potete e cercate di sconfiggere ogni pregiudizio”.

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