Questa è la quarta e ultima parte dell’intervista a Pierluigi Vagliani. Se non hai ancora letto la terza parte clicca qui.
Caro Pierluigi, nella ricchezza e varietà di quanto vissuto finora, che cosa indicheresti come la tua esperienza più significativa con il Servizio Civile Internazionale?
La vita di comunità in un campo di lavoro dello SCI. E’ una delle esperienze più ricche e positive che si possano immaginare per la formazione di un giovane, dovuta all’incontro con altre culture e altre esperienze di vita unite però da un comune desiderio di pace e di conoscenza. Per quanto mi riguarda io ho trovato nei primi campi di lavoro in Abruzzo, in Carnia e in Francia tutti quei valori che hanno poi accompagnato e ispirato le mie azioni negli anni successivi. Le amicizie di un campo di lavoro sono tra le più durature.
Per concludere, quali suggerimenti daresti allo SCI per il futuro, anche segnato dalla situazione sanitaria Covid?
Come dicevo prima, la vita di comunità di un campo di lavoro è estremamente formativa, per questo suggerirei allo SCI di aprirsi ai giovani sin dall’età di 16 anni perchè è allora che le esperienze vissute si integrano più facilmente alla nostra visione del mondo ed al nostro modo di operare in conseguenza. Il lavoro manuale ed il motto “non parole ma fatti” devono certo rimanere centrali ma lo SCI deve anche mettere in primo piano il suo deciso impegno di socialità e la volontà di dar vita ad un nuovo tipo di comunità umana fondata sul lavoro. L’attuale crisi sanitaria porterà certamente ad un acuirsi delle disuguaglianze ed avremo bisogno più che mai di moltiplicare le iniziative di solidarietà rafforzando quello spirito che si è manifestato dovunque durante la pandemia. In questo auspicabile fiorire di iniziative umanitarie, il Servizio Civile sia simbolo di concretezza capace non solo di costruire materialmente ma anche di vagliare criticamente il mondo in cui viviamo e di favorire ovunque, e in particolare nelle comunità dove operano i campi di lavoro, una presa di coscienza e un desiderio di agire in una società più giusta fondata sulla solidarietà e sul pacifismo. In questo quadro lo SCI dovrebbe potersi rafforzare trovando sostegno sia dal Governo che dalle comunità locali interessate e adoperarsi perché il dolore e l’inquietudine nati dalla pandemia si traducano in problemi precisi e in comuni proposte di soluzioni. Concretamente.
Non parole, ma fatti.
Con oggi si conclude la nostra intervista a Pierluigi.
Lo ringraziamo di cuore per essersi raccontato a noi e aver condiviso la ricchezza della sua ampia esperienza e del suo impegno sociale, sempre attento ai bisogni e alle persone. Si è preso a cuore, dalla sua gioventù fino ad oggi, i bisogni delle persone in contesti diversi, sia a livello nazionale che internazionale, come evidenzia bene il breve curriculum vitae (Allegato n.6).
Tanto per citare alcuni ambiti del suo operato: lo sviluppo economico e sociale di alcune aree del sud Italia, la lotta contro l’analfabetismo in Africa, il sostegno ai giovani attraverso l’associazionismo e lo sport, presso l’UNESCO, la ricerca scientifica per la cura dell’AIDS …
Le sue riflessioni, frutto di questo continuo impegno di solidarietà per la pace, lo sviluppo e la giustizia sociale, ci saranno utilissime per trovare i modi oggi possibili per vivere lo spirito dello SCI.