Da RACCOGLIENDOLAPACE, sito web di reporting del progetto “Interventi Civili di Pace in Palestina” dello SCI-Italia in partenariato con:
Un ponte per…, Assopace Palestina, Popular Struggle Coordination Commitee, IPRI – RETE CCP, Centro Studi Sereno Regis, con il sostegno del Tavolo degli Interventi Civili di Pace
In Cisgiordania settentrionale, nei pressi di Nablus, sotto la calura che ci accompagna durante la raccolta delle olive, tra le terre degli abitanti del villaggio di Kufr al-Qaddoum e le estreme propaggini delle colonie che punteggiano le colline, veniamo a conoscenza di un nuovo tassello nella comprensione della macchina di occupazione israeliana.
Il consumo di stupefacenti nei territori occupati ha conosciuto un considerevole aumento nel corso degli ultimi anni, specialmente nei principali centri urbani. Insieme alla cocaina, in arrivo dall’America Latina, e all’eroina, proveniente dall’Afghanistan, a prendere piede tra i giovani palestinesi non è più soltanto l’ecstasy, ma anche il famigerato Hydro: un ricercato intruglio semi-sintetico, noto come ‘erba mortale’, che viene prodotto artigianalmente e commercializzato come droga leggera in tutto il territorio israeliano. Confezionata in pacchetti simili a quelli di tabacco, è venduta presso comuni supermercati riconoscibili dall’annuncio “we have nice and spice”; tra le conseguenze sulla salute umana figurano seri danni al sistema nervoso e respiratorio.
Stando a quanto riferitoci da F., funzionario del dipartimento antidroga della Polizia Nazionale Palestinese di stanza a Qalqilya, il contrabbando e lo spaccio di droghe sarebbe gestito e controllato da cittadini israeliani o stranieri residenti in Israele; si tratta spesso di italiani e russi a capo di vere e proprie cosche mafiose. Il lavoro di prevenzione e repressione di tali attività criminali da parte delle forze di sicurezza palestinesi si scontra sistematicamente con le pastoie in cui è avvinto il sistema giudiziario dell’ANP. “Mentre un israeliano fermato per spaccio di droga nei territori palestinesi resta in carcere una volta estradato per pochi giorni, un palestinese non sconterebbe per lo stesso reato meno di dieci anni di detenzione” aggiunge F. con amarezza.
Il commercio di droghe in Cisgiordania si avvale delle falle nei controlli alle frontiere con Israele e Giordania. Sia israeliani, sia palestinesi vi sono coinvolti, eppure i vertici ingrossano le proprie liquidità nei salotti di Tel Aviv. “Acquirenti e fornitori si accordano per incontrarsi di solito in prossimità degli unici luoghi dove le forze di polizia palestinesi non possono investigare o intervenire: insediamenti e checkpoint (area C, n.d.r.). I coloni sanno tutto e lasciano fare”. Le propaggini dell’ANP hanno l’obbligo, infatti, di richiedere un permesso all’occupante per procedere all’arresto di un cittadino israeliano, anche in flagranza di reato: ciò rende praticamente impossibile sventare in tempo ogni compravendita criminosa.
Le dinamiche di spaccio e contrabbando, tanto quanto l’attività di consumo fanno emergere domande e considerazioni. L’impossibilità per la polizia palestinese di esercitare la propria autorità è una conseguenza diretta della frammentazione del territorio della Cisgiordania in seguito agli accordi di Oslo. La divisione in zona A, B e C che avrebbe dovuto essere una soluzione temporanea in vista di una progressiva espansione di potere civile e militare dell’autorità Palestinese, ha invece determinato uno stato di eccezionalità permanente, che non permette all’ANP di costituirsi in un’entità statuale capace di difendere i propri cittadini. Quanto il contrabbando, lo spaccio e il consumo di droga unite all’impossibilità dell’ANP di esercitare il proprio potere impatti le dinamiche di occupazione e conflitto rimane una domanda aperta. In particolare, ci si chiede in che modo la libera diffusione della droga nei territori occupati e la collusione del sistema oppressivo, come il soldato consapevole dello spaccio che avviene sotto i suoi occhi ai posti di controllo e non interviene o il colono che permette lo spaccio all’interno della colonia, si inseriscano nelle strategie di occupazione. Si può pensare che la droga e l’impossibilità di prevenire il crimine da parte dell’inquirente abbiano anche effetti diretti sulla resistenza palestinese all’occupante? Le domande restano aperte, mentre questo nuovo elemento si aggiunge alla nostra comprensione dei meccanismi di oppressione e di controllo di Israele sul popolo Palestinese.
Le Sette Lune Rosse